La riflessologia plantare fa parte di quel gruppo tecniche chiamate terapie olistiche, in cui l’uomo è considerato nel suo insieme: nell’unione di corpo, mente, emozioni e spirito, dove la salute ed il benessere dipendono dall’equilibrio perfetto di tutti questi elementi.
Le origini della riflessologia plantare sono antichissime: sembra infatti che i primi trattamenti terapeutici basati sul massaggio dei piedi risalgano al 5.000 A.C. e sarebbero stati effettuati in Cina e in India; in questi Paesi si svolgevano tra l’altro già diversi tipi di terapie che adottavano la pressione delle dita per correggere i campi di energia dell’organismo (come per la digitopressione, l’agopuntura o lo Shiatsu). Anche gli antichi Egizi utilizzavano una forma di riflessologia plantare, come appare in un affresco di una tomba di circa 4.300 anni fa, ritrovata a Saqqara, a sud del Cairo.
Per l’arrivo della riflessologia plantare in Occidente si dovette attendere sino al XX secolo. Fu un otorinolaringoiatra statunitense, William Fitzgerald, a introdurre per primo questo tipo di terapia.
Fitzgerald, infatti, elaborò un metodo, definito terapia zonale, che consisteva nell’esercitare una pressione in certi punti del corpo, sia con le mani che con strumenti speciali. Egli divise il corpo in dieci zone lungo le quali fluisce l’energia vitale, dagli alluci fino alla testa e riuscì in certi casi a ottenere un effetto anestetico per contrastare la presenza del dolore in una determinata zona.
Questa forma di riflessologia introdotta da Fitzgerald fu adottata da diversi dentisti, poi venne conosciuta da un medico di New York, Edwin F. Bowers, che la diffuse nel resto del Paese per averla citata in diversi suoi trattati.
Negli anni ’30 del secolo scorso, Eunice Ingham, terapeuta americana, proseguì le ricerche dei suoi predecessori, pubblicando alcuni libri sulla riflessologia plantare come “Le storie che i piedi potrebbero raccontare” e “Storie raccontate dai piedi“, concentrandosi esclusivamente sulla digitopressione legata ai piedi.
La riflessologia plantare venne infine introdotta in Europa a partire dagli anni ’50 e oggi viene praticata da numerosi operatori e fisioterapisti, assieme ad altre tecniche manuali, sia diagnostiche che terapeutiche.
Quali sono le teorie della riflessologia?
Se i “canali di energia” nel corpo sono bloccati, provocano squilibri. Il massaggio mira dunque a rimuovere questi blocchi, permettendo così all’energia di fluire di nuovo liberamente.
La riflessologia plantare considera il piede come lo specchio del corpo: il piede sinistro rappresenterebbe il lato sinistro, mentre il piede destro il lato destro. Le varie zone della pianta del piede sono collegate in qualche modo a organi come la vescica, i reni o i polmoni, mentre l’alluce sarebbe legato alla testa e al cervello e il mignolo ai seni paranasali, secondo una caratteristica mappa riflessologica le zone del piede rispecchiano le varie parti del corpo.
Le prime stimolazioni che il terapeuta effettua hanno lo scopo di “depurare” l’organismo, allentando la tensione nervosa; ciò dovrebbe avere benefici effetti sulla diuresi, sulla motilità gastrointestinale e sulla respirazione.
Durante la seduta vengono massaggiate tutte le aree riflessogene su entrambi i piedi. Il primo trattamento dura all’incirca un’ora e i benefici che se ne traggono sono già percepibili, se non altro per il massaggio plantare, in grado comunque di apportare sollievo al cliente.
Sono necessarie 6-8 sedute per trattare una determinato squilibrio, ma esistono casi nei quali la cura può avere effetto quasi immediato (2-3 sedute).